lunedì 6 maggio 2019

RICERCA SCIENTIFICA ED EUROPA



La tesi di fondo, parlando di scienza e di Europa, è che la dimensione europea e non nazionale della ricerca scientifica permette a chi vi concorre di rimanere al livello più elevato e di partecipare alle decisioni fondamentali per lo sviluppo futuro della ricerca stessa e delle ricadute di innovazione tecnologica.
Nazionalismi o, peggio ancora, tendenze isolazioniste sono il segno di regressione culturale e di riduzione di un paese ad un ruolo di mero utilizzatore di scelte strategiche compiute da altri; sono il segno certo di sottosviluppo culturale e scientifico e il segno di emarginazione internazionale.

Iniziamo ricordando che, come il mondo della politica europea (si pensi a Spinelli, Schumann, De Gasperi, Adenauer e Spaak), anche la scienza ha i suoi personaggi di grande spessore culturale che intuirono e realizzarono dopo il 1945 le prime strutture internazionali indispensabili per far uscire la ricerca scientifica europea dalle secche dei nazionalismi e dalle dimensioni ridotte dei diversi stati europei, in modo da reggere il confronto e le sfide con gli stati dominanti (in campo scientifico) usciti dalla seconda guerra mondiale, USA e Unione Sovietica (adesso Russia).

Infatti già nel 1953, dopo un lungo lavoro di elaborazione e di preparazione del clima politico, lavoro che vide in particolare l’impegno ed il ruolo centrale di due grandi scienziati, l’italiano Edoardo Amaldi e il tedesco occidentale Werner Heisenberg, ben 12 paesi europei sottoscrissero una dichiarazione preliminare per la realizzazione del Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare (CERN); 


il Consiglio iniziò le sue attività  nel 1954 presso Ginevra in un  territorio a cavallo tra la Francia e la Svizzera. Da allora il CERN (successivamente la denominazione divenne Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) è il punto di riferimento centrale in tutta Europa (e non solo in Europa) nel campo della fisica sperimentale e teorica di base. Va sottolineato che solo la sua dimensione internazionale ha permesso ai paesi partecipanti - nel frattempo divenuti 24, 23 europei compresa la Svizzera più Israele - di continuare a confrontarsi con i temi più importanti della ricerca  nella fisica rispetto a quanto realizzato dai due giganti usciti dalla seconda guerra mondiale con l’aggiunta successiva di Cina e India. 
È interessante e importante comprendere che le conseguenze di questa scelta di dimensioni internazionali hanno avuto rilevanza non solo per il campo specifico di ricerca. A questo proposito si può fare l’esempio del caso clamoroso dello sviluppo al CERN nel 1989, in parallelo ai propri compiti di ricerca, del sistema Web per lo scambio di informazioni tra i propri gruppi di lavoro. Il programma sorgente del sistema Web venne poi liberamente rilasciato alla comunità scientifica internazionale nel 1993; è l’inizio quindi  di Internet e della informatizzazione delle informazioni. Libero e ancora efficiente, grazie all’impegno dei ricercatori del CERN. Quali altre organizzazioni statali o, peggio ancora, strutture private avrebbero reso disponibile e libero per tutti uno strumento potente ed efficiente, tale da modificare irreversibilmente tutto il mondo dell’informazione?

Il CERN è stato il precursore e il paradigma per altre iniziative e organizzazioni di livello europeo o internazionale. Si pensi al ruolo, per fare un altro esempio, dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che permette, anche con il finanziamento della UE, a paesi come l’Italia di partecipare su base egualitaria a progetti spaziali di enormi dimensioni come il progetto in corso di realizzazione della Stazione Spaziale in orbita permanente, finalizzato all’esplorazione del sistema solare.

Facciamo un altro esempio ancora più complesso e non puramente scientifico: nel 1957 viene firmato a Roma da 6 stati europei oltre al Trattato che istituiva la CEE anche il Trattato EURATOM, finalizzato al coordinamento dei programmi di ricerca nel campo delle applicazioni civili dell’energia nucleare, per assicurare l’uso pacifico e aperto delle ricerche stesse. EURATOM e CEE sono poi confluiti assieme al Parlamento europeo nella struttura che oggi è chiamata Unione Europea (UE), fatto questo che sottolinea ancora di più la stretta connessione tra ricerca scientifica utilizzata per applicazioni pratiche ed energetiche e le scelte politiche di rilevanza sovranazionale. Si tenga presente, per fare un esempio che riguarda da vicino le esigenze di sicurezza della popolazione civile e dei lavoratori, che tutte le normative dei paesi aderenti alla UE relative alla protezione e alla sicurezza nel campo delle radiazioni ionizzanti per gli usi civili (applicazioni mediche e industriali, trasporto di materie e sostanze radioattive, applicazioni di ricerca) sono redatte sulla base di apposite Direttive e Raccomandazioni che l’Unione Europea emana periodicamente con il coinvolgimento di tutti gli stati membri. Questo al fine di garantire una normativa europea omogenea nei principi e nei livelli di protezione, senza differenze significative tra gli stati membri.

L’isolazionismo rispetto ai fronti internazionali generano, come già detto, sottosviluppo e emarginazione che non a caso in Italia accentuano il ruolo e l’importanza negativa delle sub-culture relative a mitologie tipo “scienza alternativa”, complottismi tipo “Big-Pharma” e altre idiozie che  portano poi a movimenti di opinione assurdi e criminali come quello contro l’obbligatorietà della vaccinazione infantile o alla ricerca di cure alternative per i tumori, vere e proprie truffe contro la salute pubblica. Per non parlare dello sviluppo abnorme e costosissimo che ha in Italia l’utilizzo dell’omeopatia, considerata da molti una vera e propria cura e non un patetico e inutile effetto placebo.

A questi problemi, attuali e in fase di espansione in Italia, deve essere aggiunta una riflessione più generale e storica sulla cultura antiscientifica dominante nel nostro paese, per tradizione secolare almeno dai tempi del processo di Galileo. Cultura antiscientifica che non appartiene alla sola tradizione cattolica, ma permea anche tutto il pensiero laico (o supposto tale). Basti pensare alle battaglie, purtroppo vittoriose, del pensiero laico liberale di Croce contro la scuola matematica italiana di fine 800 e primi 900, allora egemone nel mondo assieme alle scuole tedesca e francese. Oppure al pensiero dominante in gran parte della sinistra di estrazione comunista, contrario alle applicazioni civili dell’energia nucleare; contrarietà che ci ha portato ad essere il paese europeo più dipendente dalle importazioni estere di combustibile per le centrali elettriche e ad avere contemporaneamente la bolletta elettrica privata e industriale più cara in Europa. Con le ovvie conseguenze nel campo del costo dei prodotti nazionali e della loro competitività nelle esportazioni. Oppure alle ambiguità e all’estremismo infantile dei gruppi del No a tutte le realizzazioni infrastrutturali e a tutte le innovazioni, gruppi spesso fondamentalisti e profondamente intolleranti, che godono tuttavia di grande simpatia e sostegno nel modo degli intellettuali e del giornalismo televisivo, vere e proprie fucine di ignoranza e di superficialità. Oltre a essere chiaramente pilotati da interessi e ideologie extra-europee (si pensi agli interessi della Russia chiaramente colpiti da infrastrutture internazionali come il gasdotto proveniente dall’Azerbaijan o agli interessi sempre della Russia e degli stati arabi che controllano il canale di Suez colpiti e messi in crisi dalle linee ferroviarie veloci per trasporto merci che metteranno in collegamento Europa e Cina).



INNAUGURATA LA VIA DELLA SETA
IL 10 FEBBRAIO 2019 E' ARRIVATO NELLA STAZIONE DI SAINT-PRIEST (LIONE) IL 
1° TRENO CINA (Wuhan) / FRANCIA (Lione).
PERCORSI 11.300 KM IN 15 GIORNI





Il raccordo con queste riflessioni, più o meno condivise, è comunque indispensabile per recuperare la capacità di riformare il sistema Italia e di proporre nuovamente quindi un progetto di riorganizzazione del nostro paese partendo dai temi della cultura scientifica e della ricerca in campo internazionale. Anche in questo caso, soprattutto in questo caso, una proposta politica deve guardare ai temi europei come ad una grande possibilità e come un grande ponte per il futuro. Affrontare questi temi quindi è affrontare il problema del futuro dell’Italia in uno sviluppo internazionale che rischia di vederci emarginati o esclusi dai livelli di interesse e di decisione. Il pensiero riformista italiano (sia di provenienza comunista che cattolica che laico-liberale) deve affrontare questi temi e farne momento di distinzione e di differenza strategica rispetto alle forze populiste e reazionarie che sono al governo in Italia in questo passaggio storico.

Sergio Mancioppi


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